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Sono quindici anni che Dzelal Pljevljak ogni venerdì si mette al volante della sua Volga e percorre i centosedici chilometri che separano Spalato da Livno per prendere parte alla principale preghiera settimanale alla moschea cittadina. Un giorno d'inizio autunno però, una nevicata improvvisa lo costringe a fermarsi a Fatumi, un minuscolo paesino di cui ignorava l'esistenza, dove un incontro cambierà per sempre la sua vita. Diversi anni più tardi, quando in Bosnia si sta consumando una delle fasi più drammatiche della guerra civile, un documentarista tenta di definire gli enigmatici contorni di quel fatidico giorno di Capodanno in cui Dzelal Pljevljak è diventato, suo malgrado, il protagonista del più discusso episodio di cronaca nera di prima del conflitto. In "Volga, Volga", terzo e ultimo capitolo della trilogia che Jergovic ha dedicato al destino, spesso beffardo, che lega gli uomini alle loro automobili, la commovente storia di Dzelal prende forma lentamente, pagina dopo pagina, come in un raffinato ed emozionante mosaico, grazie all'incastro con altre esistenze, con le quali ha in comune l'esperienza della guerra, del dolore, del senso di colpa, della morte. E la speranza in una redenzione.