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Marocco, marzo 1965: novantaquattro studenti, colpevoli di aver manifestato pacificamente nelle strade a Casablanca e Rabat, vengono puniti dal governo del re Hassan II. La forma di prigionia loro imposta \u00e8 subdola, ma non per questo meno violenta: una mattina tutti i ragazzi ricevono nelle loro case un obbligo di comparizione in caserma per prestare servizio militare e da quel giorno ha inizio una reclusione che durer\u00e0 per diciannove mesi. I ragazzi vengono mandati in luoghi isolati, lontani dalle loro famiglie e da chiunque potrebbe aiutarli, sono continuamente sottoposti a maltrattamenti e umiliazioni, obbligati a compiere esercizi militari gratuiti e pericolosi, sono denutriti, vessati e sfruttati quasi fino alla morte, senza mai ricevere alcuna spiegazione, senza mai riuscire a sapere la ragione del destino loro imposto. Tra i novantaquattro studenti sottoposti a questa barbarie c'era anche Tahar Ben Jelloun, che per riconquistare la sua piena libert\u00e0, come molti altri, dovr\u00e0 in realt\u00e0 aspettare diversi anni: il colpo di stato del 1971. Per poter tornare con la mente a quei ricordi c'\u00e8 voluto molto di pi\u00f9: cinquant'anni per riuscire a raccontare la storia di quei lunghi giorni che hanno segnato per sempre la sua giovinezza, formando la sua coscienza e alimentando intimamente la sua vocazione di scrittore.<\/P>"