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Per tradizione, il corpo è sempre stato trascurato nella storia della filosofia perché, al contrario dalla mente, dimostrava quanto fossero ancora forti i legami tra uomo e animale. Pur di allontanare questa incontrollabile irrazionalità, l'Occidente si è pertanto inventato straordinari meccanismi per mortificare la sfera sensoriale e la corporeità: dalla castrazione al matrimonio borghese, ogni mezzo era legittimo per raggiungere un ideale estetico asettico e ascetico. Ma, secondo l'autore, questo modello non può durare in eterno. I filosofi, infatti, devono molte delle loro più importanti intuizio a momenti di crisi in cui la "macchina corporea" si inceppa e vacilla a lungo prima di ritrovare il proprio equilibrio. Onfray si propone appunto di andare a scovare tali episodi della vita dei grandi pensatori, allo scopo di dimostrare che la filosofia non è soltanto una mera storia dello spirito. Allo stesso tempo però, cerca di riabilitare - al di là di quella corrente di pensiero moralista che va da Platone ai moderni detrattori della fisicità un'ideologia edonista che annovera tra le sue fila i cirenaici, gli gnostici licenziosi, i fratelli del Libero Spirito, i libertini eruditi e altri pensatori quali La Mettrie (anch'egli autore, a suo tempo, di un'"Arte di gioire"), Sade, Fourier. Si delinea quindi una concezione più completa della saggezza, che contempla tutte le sfere dell'esistenza umana: il piacere ma anche la disillusione e il senso della morte.