Questo buio feroce. Storia della mia morte

Harold Brodkey aveva 66 anni quando l'AIDS lo condann\u00f2 a una morte lenta ma inesorabile. Il primo annuncio della malattia, quello ufficiale, l'aveva affidato al New Yorker, la rivista alla quale collaborava da anni, in un articolo uscito nel 1993 col titolo \"Storia personale. Ai miei lettori\". Gli era costata fatica scriverlo, temeva non tanto la fine ma il giudizio perch\u00e9 morire di AIDS significava morire al di fuori di una tradizione, in una specie di silenzio. E ci\u00f2 che Brodkey mal toller\u00f2 in tutta la sua vita fu proprio il silenzio, l'oblio, la privazione degli affetti, cosa che invece l'esistenza gli inflisse duramente. La malattia arriv\u00f2 nel periodo pi\u00f9 bello, un momento importante per la sua carriera, intenso per la storia d'amore con la compagna Ellen, magico perch\u00e9 creativo, vulcanico. Non avrebbe potuto desiderare di meglio quando la morte buss\u00f2 alla sua porta e si mise \"l\u00ec in corridoio\" aspettando di portarlo con s\u00e9. \"Questo buio feroce\" \u00e8 la sua pietra tombale, il racconto che celebra le conquiste di una vita nell'estremo, finale saluto; \u00e8 l'abbraccio alla donna amata, un viaggio nei meandri della psiche e dell'emotivit\u00e0. Un libro di memorie che non lascia terrore, angoscia, dolore, ma solo pace perch\u00e9 la sua scrittura, in quei giorni cruciali, fu attraversata da una grazia splendente, uno stato lucido di comprensione e di piet\u00e0. <\/P>"