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Durante il suo viaggio in Messico André Breton annotò: "Il surrealismo in questo paese non serve". Nonostante diversi scrittori stranieri abbiano cercato ispirazione nella fertilità gotica dei canyon e delle cordigliere nessuno ha mai sfidato la Sierra Madre, il più surreale tra i paesaggi messicani. Nessuno eccetto Richard Grant, che con "Messico e crimine" ci porta nel vero cuore di tenebra del Nord America, nella Sierra Madre, una terra dove gli AK-47, i famigerati Kalashnikov, sono veri e propri feticci, l'omicidio è poco più di un passatempo e bande di narcos circolano di notte da un villaggio all'altro, rapinando, stuprando e uccidendo. Un posto dove tutti gli omicidi vengono puntualmente vendicati e tutti gli uomini sono machos che si pavoneggiano, imprecano e parlano sempre "dei loro testicoli e delle rispettive madri". Prima di partire per la Sierra Madre, Grant aveva ricevuto molti ammonimenti, il più grazioso dei quali prevedeva una sua rapida e triste fine. Spinto però dal "fascino sventurato" di questa regione misteriosa, non ha desistito. Con un'impeccabile scrittura delinea in questo libro un paesaggio sinistro e surreale composto di altopiani solitari, villaggi ostili, dove le donne anziane scrutano "il mondo dalla soglia di casa", e i ragazzi e le ragazze cantano narcocorridos, canzoni in cui si inneggia alla cocaina, alla possibilità di "camminare dietro la morte con una bella donna per braccio" e di sfidare chiunque con un AK-47.