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"Thérèse Raquin", forse il più famoso romanzo di Zola, è la straordinaria, lucidissima analisi di un delitto quasi perfetto. In apparenza la storia è un tipico feuilleton: due amanti, sconvolti dal desiderio carnale, diventano assassini per sbarazzarsi del marito di lei e finiscono travolti dalla precisione della loro stessa macchinazione. Si assiste così a una metamorfosi quasi "chimica" della passione in paura e in egoismo: i due complici sono condannati a restare legati come gemelli siamesi, l'uno saprofita del corpo e dell'anima dell'altro, eppure enormemente distanti, ciascuno perseguendo una sua solitaria quanto vana strategia di salvezza. E dietro all'epilogo moralistico che vede scoccare un inesorabile castigo per i due criminali, si legge piuttosto in filigrana una sorta di insostenibile pesantezza del crimine per due creature fondamentalmente fragili e pavide. Qui per la prima volta nella letteratura un personaggio di fantasia viene esplicitamente trattato come un caso clinico: "In Thérèse Raquin", ammette Zola, "ho voluto studiare dei temperamenti e non dei caratteri [...] ho semplicemente fatto su due corpi vivi ciò che i chirurghi fanno su dei cadaveri". (Introduzione di Mario Lunetta)