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Rappresentare il ridicolo per esorcizzare il dolore e l'amarezza: questa è, in sintesi, la formula magica del teatro di Molière. Mettere in scena le caricature degli stereotipi classici (qui il malato immaginario, altrove l'avaro o il misantropo) è la chiave di volta per attualizzare i vizi della contemporaneità e criticarli, da una parte, e dall'altra parte consegnare a imperitura fama dei capolavori universali del genere comico. Commedia in tre atti del 1673, è incentrata sulla figura dell'ipocondriaco Argante, circondato di dottori e sempre ansioso di nuove cure, che vorrebbe dare la figlia maggiore in sposa al proprio medico per assicurarsene i servigi fino alla fine dei suoi dolorosi e sofferenti giorni. Fu proprio sulle tavole del palcoscenico, mentre interpretava Argante, che Molière, malato reale, subì l'ultimo attacco della malattia che in poche ore Io condusse alla morte. In tempi più recenti, resta magistrale l'interpretazione di Sordi de "Il malato immaginario", nell'omonimo film del 1979, diretto da Tonino Cervi.