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Ammirata da Gorki, Zweig, Joyce, amata da Cardarelli, Papini, Boccioni, Boine, Quasimodo, Evola: in questo intreccio di stima e passione si compendia la figura di Sibilla Aleramo (1876-1960), protagonista della letteratura italiana ed europea. Nel tracciarne il ritratto, Monika Antes lascia la parola alle sue opere, schiettamente, inesorabilmente autobiografiche: dall'esordio folgorante con Una donna (1906), tradotto in più lingue, agli altri romanzi, Il passaggio (1919), Amo dunque sono (1927), Il frustino (1932), alle prose di Andando e stando (1921) con la novella Trasfigurazione (1922) e il "poema drammatico" Endimione (1923). La relazione con Dino Campana, un legame che ha ispirato cinema e teatro, è narrata dalle lettere scambiate e dai versi di lei, dove la parola d'amore si fa fiamma, luce, sole. Infine, una scelta di brani del Diario dal 1945 al 1960 che ci mostrano, sino agli ultimi giorni, una donna tenace, coraggiosa, sempre alla ricerca dell'autentico, nella vita come nell'arte. Sibilla Aleramo, "libera e forte", ha fatto dell'amore il nucleo rovente della propria esistenza e della propria opera, in un percorso di liberazione per molti aspetti emblematico. Col suo vissuto e col suo talento, nota la Antes, "ha dato espressione umana e letteraria ai desideri di molte donne, realizzandoli nella propria vita, al di là di quanto consentiva la moralità del luogo e del tempo". Per questo è da considerarsi un'antesignana del femminismo in Italia.