Come nasce la poesia? Di quale misterioso lavoro \u00e8 l'esito? E qual \u00e8 il suo compito? Chiunque si sia posto, almeno una volta, domande del genere potr\u00e0 finalmente trovare in queste interviste - che coprono l'intero arco della vita di Brodskij in esilio, dall'inizio degli anni Settanta fino a poche settimane prima della morte improvvisa, avvenuta a New York nel 1996 - risposte di un'audace limpidezza. Scoprir\u00e0 cos\u00ec che la poesia \u00e8 \"uno straordinario acceleratore mentale\", \"lo scopo antropologico, o genetico\" della nostra specie, e che non vi \u00e8 strumento migliore per \"mostrare alla gente la visione reale della scala delle cose\". Scoprir\u00e0, poi, che quelli che ha sempre ritenuto imperscrutabili artifici tecnici - gli schemi metrici ad esempio sono in realt\u00e0 \"formule magiche\", \"magneti spirituali\", capaci di incidere profondamente sulla poesia, al punto che un contenuto moderno espresso secondo una forma fissa (un sonetto, per intenderci) pu\u00f2 sconvolgere quanto \"una macchina che sfreccia contromano in autostrada\". Per di pi\u00f9 Brodskij sa illuminare anche il lavoro dei poeti che amava - Auden, Frost, Kavafis, Mandel'stam, Achmatova, Cvetaeva, Milosz, Herbert, per limitarci ai contemporanei - con una lucidit\u00e0 mai disgiunta da una vibrante partecipazione: \"Non mi capita spesso di leggere qualcosa che mi dia una gioia cos\u00ec intensa come quella che mi d\u00e0 Auden. \u00c8 vera gioia, e con gioia non intendo un semplice piacere, perch\u00e9 la gioia \u00e8 qualcosa di molto oscuro\". <\/P>"