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Se nei primi anni Venti il giovane Heidegger, ancora assistente di Husserl, aveva interrogato soprattutto Aristotele, divenuto professore a Marburgo inizia, con le dense lezioni universitarie qui raccolte, un cammino a ritroso che penetra nelle maglie concettuali di Platone. Ed \u00e8 in questo percorso che matura quell'indagine sulla questione dell'essere che illuminer\u00e0, di l\u00ec a breve, l'analitica di \"Essere e tempo\", e rimarr\u00e0 sempre cifra ispiratrice di tutta la speculazione heideggeriana. Nell'abbordare il problema ontologico per via negationis, attraverso la ricostruzione dello statuto del non-essere, del nulla - cruciale per tutto l'Occidente sin da Parmenide -, Heidegger mostra come sia dunque di importanza centrale la definizione del \"sofista\", nucleo dell'omonimo dialogo platonico. Assumendo infatti che egli professi pensieri privi di sussistenza, e affermi cose che non sono, si ammette implicitamente contro il divieto di Parmenide - la realt\u00e0 di ci\u00f2 che non \u00e8. Ne consegue l'inevitabilit\u00e0 di una riflessione sul \"nulla\" - il che obbliga a un fondamentale ripensamento della questione dell'essere. La rigorosa chiarificazione storico-filosofica - prima ancora che filologica - del testo platonico (ma anche di decisivi passaggi di Aristotele) segna cos\u00ec l'atto di nascita di un'istanza non pi\u00f9 differibile, vale a dire la riproposizione, nel cuore del Novecento, della questione pi\u00f9 radicale: perch\u00e9 l'essere e non piuttosto il nulla? <\/P>"