\"Ma allora, si emigra davvero per sempre? Probabilmente, non si emigra mai. Se non altro, non si emigra da se stessi. O forse \u00e8 proprio sbagliato il termine, emigrare\". Non \u00e8 del tutto esatto che il giornalista affermato che ha scritto questo libro, era soltanto emigrato da Palermo; la sua emigrazione era stata anche la ricerca imperiosa di un altrove, di una diversa misura di mestiere e di vita. Non pi\u00f9 giovanissimo, dopo un quindicennio di impegno di punta nel glorioso giornale \"L'Ora\" negli anni del pi\u00f9 intenso lavoro antimafia, l'addio di Antonio Calabr\u00f2 era maturato nell'agosto del 1985 il giorno dell'uccisione dell'amico commissario Ninni Cassar\u00e0, per non dover essere testimone, ancora una volta, dei vuoti rituali in cui la citt\u00e0 espugnata inghiottiva il messaggio dei suoi migliori servitori del pubblico interesse. Perci\u00f2 il ritorno, in queste pagine, con la mente e con il ricordo, non \u00e8 la nostalgica memoria dei momenti magici nella citt\u00e0 com'era, ma \u00e8 l'analisi documentata, severa, appassionata, delle ragioni che lo avevano spinto alla emigrazione-esilio; ragioni private in cui si riverbera, riflessa nelle tappe di una biografia civile, la grande disgregazione di una metropoli meridionale, il suo destino storico. <\/P>"