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Per "Le pietre del cielo - apparso nel 1970, dieci anni dopo l'altro 'libro delle pietre', "Le pietre del Cile" - si è parlato di una raccolta di "tranquilla bellezza" e di "quietato ardore", quasi che il poeta avesse finalmente raggiunto uno dei luoghi più pacificati e sereni della sua poesia. Ma se è vero che Neruda vede riflettersi nella bellezza delle pietre la bellezza del cielo, è non meno vero che per il poeta le pietre rappresentano anche quella lezione di eternità che è negata invece al destino precario dell'uomo. Ed è proprio in questo che la raccolta "Le pietre del cielo" si ricollega alla precedente, e la poesia di Neruda si riappropria della sua carica di inquietudine, seguendo la lezone del poeta Francisco De Quevedo.