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Scritti tra il 1843 e il 1848, i "Racconti di Natale" costituiscono uno straordinario spettacolo narrativo metafisico e magico. Con le sue storie animate da fantasmi, folletti e fate, Dickens affida alla scrittura il compito di rappresentare la qualità mutevole e fluttuante del reale, dimostrando la labilità del confine tra vero e apparente, la difficoltà di definire ciò che gli occhi vedono, di comprendere ciò che le parole dicono. Come nei romanzi, anche qui l'autore svela l'altra faccia del mito del progresso, ritraendo l'Inghilterra della disoccupazione e del malessere sociale, Londra con le sue case fatiscenti e le sue strade degradate; la vita raffigurata non è però mai talmente cupa e disperata da non consentire spazi al sorriso o alla risata liberatoria, al comico e al grottesco. Dickens progetta le sue utopie natalizie, facendo ravvedere gli indifferenti e i malvagi e, grazie all'intervento di spiriti benevoli, agli umili è consentito il lieto fine, in stanze rallegrate dall'agrifoglio, davanti a tavole finalmente stracolme di cibo.