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Nel racconto 'Il cowboy della Walker Brothers' è il rapporto tra padre e figlia a dominare i pensieri della bambina, fiera del privilegio di attraversare il territorio con un uomo disposto a portarla con sé, ma deciso a lasciarla sulla soglia del proprio mistero. "Lo studio" incomincia con queste parole: "La soluzione alla mia vita mi venne in mente una sera mentre stiravo una camicia". È la soluzione woolfiana della "stanza tutta per sé", nel cui quieto silenzio si dovrebbe poter rimediare la libertà necessaria alla scrittura. Ma un intruso cortese si intromette in quella solitudine come un pensiero molesto, come il tarlo di un'inadeguatezza e il presagio della futura domanda: 'Chi ti credi di essere?' Quasi in risposta, Munro afferma che 'La pace di Utrecht' fu "la prima storia che dovevo assolutamente scrivere", lo spartiacque artistico dopo il quale 'mi resi conto che alcune cose dovevano essere scritte da me'. Ad esempio la fuga, o meglio le molteplici fughe, da un mondo, da una lingua materna, che il morbo di Parkinson ha reso fonte di imbarazzo, dal dovere di esserci in conflitto con il desiderio di andare. (...) In 'Danza delle ombre felici' l'anziana maestra di pianoforte Miss Marsalles si ostina a invitare le madri dei suoi allievi a un noioso saggio di fine corso. Il prestigio dell'insegnante si è andato ridimensionando come le case in cui abita, e quel rinfresco estivo ha ormai assunto i contorni di un rito doveroso e snervante..." (Susanna Basso)